StoriaPatria/ Carlo III (1716-2016). Unico Re a gara esaltato da Borbonici e Liberali
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- 6 gen 2016
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Inaugura il proprio programma di iniziative per il terzo centenario della nascita di Carlo di Borbone, la Società di Storia Patria di Terra di Lavoro, con uno speciale convegno, nel salone degli specchi del Circolo Nazionale di Caserta, con cui ha organizzato l’evento in sinergia di progettualità e risorse.
Al saluto del Presidente del Circolo, Generale Antimo Ronzo, ha fatto seguito l’intervento del Presidente della società di Storia Patria Avv. Alberto Zaza d’Aulisio il quale parlerà di Carlo di Borbone, ideatore della Caserta nuova e del suo ruolo di monarca illuminato . La storica ricerca – ha dichiarato il Presidente avvocato Alberto Zaza d’Aulisio – costituirà un momento di riflessione culturale nel corso di un intero anno nell’auspicabile coordinamento di attività per evitare sovrapposizioni dispersive.
Carlo Sebastiano di Borbone (Carlos Sebastián de Borbón y Farnesio; Madrid, 20 gennaio 1716 – Madrid, 14 dicembre 1788) fu duca di Parma e Piacenza con il nome di Carlo I dal 1731 al 1735, re di Napoli e Sicilia senza numerazioni (era Carlo VII di Napoli, secondo l’investitura papale, ma non usò mai tale ordinale. Era invece Carlo III come re di Sicilia)[1] dal 1735 al 1759, e da quest’anno fino alla morte re di Spagna con il nome di Carlo III (Carlos III).
Come re delle Due Sicilie, Carlo di Borbone ha tradizionalmente goduto di un giudizio positivo da parte degli storici, diversamente dagli altri sovrani della dinastia dei Borbone di Napoli di cui fu capostipite, essendo stato – come spiega Benedetto Croce – «a gara esaltato dagli scrittori di entrambi i partiti politici che si son divisi nell'ultimo secolo l'Italia meridionale: dai borbonici, in omaggio al fondatore della dinastia, e dai liberali, che, facendo loro pro degli encomi fatti al governo di re Carlo, si piacevano nel contrapporre il primo Borbone di Napoli, non borbonico, ai suoi degeneri successori».
Tra questi ultimi spicca Pietro Colletta, sostenitore della repubblica del 1799 e poi generale murattiano, che nella sua Storia del reame di Napoli dal 1734 sino al 1825, al termine della narrazione del regno di Carlo, dipinse il rammarico dei napoletani per la partenza del «buon re» come «presago della tristezza de' futuri regni».
Tale lettura celebrativa fu severamente attaccata da Michelangelo Schipa, autore del fondamentale Il regno di Napoli al tempo di Carlo di Borbone (1904), in cui furono analizzati i limiti dell'azione riformatrice del sovrano, arrivando alla conclusione che «un re Carlo rigeneratore del nostro spirito e della nostra fortuna, e un'età felice del nostro passato, si dileguano all'occhio di chi guarda scevro da ogni passione». Nella redazione di quest'opera Schipa utilizzò anche un raro scritto contemporaneo radicalmente ostile a Carlo, il De borbonico in Regno neapolitano principatu del marchese Salvatore Spiriti, avvocato cosentino condannato all'esilio in quanto esponente del partito filoaustriaco.
L'opera schipiana fu recensita da Benedetto Croce (a cui peraltro era stata dedicata), il quale, pur riconoscendone il grande valore storiografico, e ammettendo la necessità di «un'attentarevisione» del periodo carolino, resa necessaria dalle «parecchie esagerazioni elogiative», ne criticò l'impostazione demolitrice e il ricorso a «un'intonazione acrimoniosa e satirica»,rimproverando infine a Schipa di aver «peccato di quell'eccessivo proposito d'imparzialità, che si traduce in una effettiva parzialità in senso avverso». Per parte sua, Croce, dopo aver elencato le principali realizzazioni dei venticinque anni di regno, concluse invece che «furono anni di progresso deciso».
Tra gli storici contemporanei, Giuseppe Galasso ha definito il regno di Carlo di Borbone come l'inizio dell'«ora più bella» della storia di Napoli.
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